Pagelle che vai, chiacchiere che trovi…

Oggi giornata di pagelle. 2 figli = 2 pagelle. 2 pagelle = 2 code. Forse da qualche altra parte 2 code = 2 minuti di attesa, ma in Italia 2 code = 2 ore di attesa. [Per la cronaca: sto volutamente esagerando, ma non di molto, ahimé…]

Non son le prime pagelle che ritiro quindi sapevo a cosa andavo incontro. Ero debitamente attrezzato con il fido smartphone e “Io confesso” di Grisham (non il miglior libro di Grisham, ma sufficientemente intrigante).

Alle medie tutto è filato liscio.

Alle elementari badando ai fatti miei ho evitato tutti i pettegolezzi d’uopo, ma all’uscita dall’aula, pagella in mano, sono stato intercettato e m’è toccato scambiare quattro chiacchiere. C’erano solo mamme – evidentemente ritirare pagelle non è cosa da uomini…

Com’è, come non è (vi risparmio i preliminari – ce ne sono stati un sacco – di quelli che piaccion tanto alle donne – noi uomini com’è noto andiamo dritti al punto), ci siamo ritrovati a parlare del web nella scuola.

Sono convinto che ai bambini vada messo in mano un mouse a 6 anni e a 11 dovrebbero saper cercare su Google le informazioni di cui hanno bisogno. Mi piacerebbe che alle elementari facessero un corso di dattilografia. Gradirei che l’uso dell’email fosse pane quotidiano.

E invece ho avuto nuovamente conferma che la convinzione generale è sintetizzabile in queste parole “con il computer perdono un sacco di tempo, se fanno le ricerche su internet copiano e non acquisiscono la capacità di rielaborare, l’educazione si impartisce con carta e penna“. Ho chiesto “e il calamaio no?“, ma nessuno ha capito la battuta.

Ho anche buttato là “non è che perché noi siamo rimasti tecnologicamente all’età della pietra dobbiamo per forza riservare lo stesso destino pure ai nostri figli“, ma anche queste parole sono cadute nel vuoto. Ignorate. Totalmente.

Quando ho sentito che “ora ci hanno anche costretto a fare tutte le comunicazioni digitali creando un sacco di problemi” ho capito che la battaglia era persa e me ne sono andato con lo smartphone fra le gambe.

Mentre uscivo dal cancello della scuola pensavo che è proprio vero che tutto quello che abbiamo ce lo meritiamo.


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